L’armonia tra metodo Orff e Montessori: educazione musicale come chiave del cuore e dello spirito.

In un mondo sempre più frammentato e tecnologico, emerge con forza la necessità di un’educazione che tocchi le corde più intime dell’essere umano, aprendo la porta verso un apprendimento che sia non solo intellettuale ma anche emotivo e spirituale. Maria Montessori è stata una pioniera in questo campo, insistendo sull’idea che l’educazione debba sgorgare dalle proprie esperienze sensoriali ed emotive. “Solo chi […] ha sentito nella musica la voce che apre le porte del cuore […] solleva lo spirito […]. Solo questi può comprenderne la necessità per l’umanità […]”, affermava.

 

 

La musica, in questa visione, diventa un mezzo per raggiungere livelli più profondi di consapevolezza e crescita personale. Analogamente, il metodo Orff, sviluppato qualche decennio dopo, si concentra sull’unire musica e movimento, rinforzando l’importanza del ritmo come forza vitale che permea l’espressione dell’individuo.

L’approccio di Carl Orff si distingue per l’accento posto sull’improvvisazione e sulla partecipazione attiva dei bambini, coinvolgendoli fisicamente, emotivamente e socialmente. Diverso dal metodo Dalcroze, anch’esso incentrato sulla relazione tra musica e movimento ma con una speciale attenzione alla euritmia e all’educazione del corpo attraverso la musica, Orff dava particolare rilievo al ritmo. Cosa succede quando si coniugano i principi Montessoriani con il metodo Orff nel campo dell’educazione musicale? Si crea un’atmosfera educativa in cui il bambino è guidato a esplorare il mondo sonoro con un senso di meraviglia e libertà. In entrambi gli approcci, l’apprendimento avviene attraverso l’interazione con materiali e strumenti specificamente progettati, mantenendo un focus sull’essere guidati dall’interesse e dall’iniziativa personale del bambino.

Se ciò che Montessori vedeva nella musica come “la voce che apre le porte del cuore” è da intendersi metaforicamente, nel metodo Orff questo viene espresso concretamente attraverso lo sviluppo ritmico, rappresentando la pulsazione del cuore e il ritmo interno di ogni individuo. Il bambino impara a esprimersi musicalmente in un modo che riflette i suoi ritmi naturali, trovando un legame diretto tra l’esperienza musicale e il vissuto emotivo. Gli strumenti musicali pensati da Carl Orff, quali gli xilofoni e i metallofoni, emergono per la loro eccezionale facilità di utilizzo, una qualità che rimanda chiaramente ai concetti montessoriani che favoriscono una formazione basata su esperienze pratiche e dirette. Questi strumenti offrono ai bambini l’opportunità di interagire fisicamente con la musica; essi non solo possono toccare con mano gli strumenti, ma possono anche ‘sentire’ concretamente la vibrazione della musica che essi stessi generano. In questa maniera, i giovanissimi musicisti sono invitati a esplorare il mondo sonoro in una modalità estremamente naturale e spontanea, diventando protagonisti attivi nel loro processo di apprendimento musicale attraverso la manipolazione tangibile delle note e l’esperienza diretta dei ritmi.

 

Ecco alcuni aspetti chiave di questa metodologia:

  1. Apprendimento Esperienziale: Il metodo Orff si basa su un approccio pratico ed esperienziale all’apprendimento musicale, dove gli studenti partecipano attivamente attraverso il canto, il ballo, il movimento e il gioco.
  2. Strumentazione: Include l’utilizzo di una varietà di strumenti, in particolare gli strumenti a percussione come gli xilofoni, i metallofoni e le percussioni a corpo, oltre a strumenti a percussione non accordata.
  3. Sviluppo della Creatività: Il metodo incoraggia gli studenti a esplorare e creare musica in modo creativo. L’improvvisazione e la composizione sono componenti centrali del metodo.
  4. Importanza del Movimento: Il movimento e la danza sono integrati nell’apprendimento musicale, basandosi sul concetto che il movimento e la musica sono intrinsecamente connessi.
  5. Pedagogia Integrata: Il metodo Orff integra musica, movimento, dramma e discorso in lezioni che mirano a stimolare l’immaginazione e la creatività dei bambini.
  6. Gradualità: I concetti musicali vengono introdotti gradualmente e sono legati allo sviluppo naturale del bambino, partendo da ciò che è familiare e semplice, per poi procedere verso esperienze più complesse.
  7. Socializzazione e Gruppo: L’apprendimento avviene in un contesto di gruppo che sottolinea l’importanza dell’ascolto reciproco, della collaborazione e del sostegno sociale.
  8. Repertorio: Inizia con materiale semplice e spesso include canzoni folk, giochi ritmici e filastrocche, che successivamente si evolvono in elaborazioni musicali più complesse.
  9. Sviluppo Progressivo: Gli studenti sono guidati attraverso una serie di livelli che costruiscono sistematicamente le abilità musicali e le conoscenze.
  10. Inclusività: Il metodo è adatto a bambini di varie età e livelli di abilità, cercando di essere accessibile e coinvolgente per tutti.

 

Nella mia carriera formativa mi ritrovo al terzo anno del corso di laurea di didattica della musica, percorso formativo che ci proietta in una realtà orfana del punto di vista didattico tradizionale, all’interno del corso sviluppiamo la tecnica compositiva a fini didattici, potendo così nel futuro gestire i discenti con brani ideati e mirati per la loro formazione, affiniamo l’improvvisazione e l’arte del saper ‘dirigere’ senza inquinare la creatività degli studenti. Questo approccio ci permette di comprendere come è indiscutibile che l’apprendimento della musica, per un bambino, proceda come lo sviluppo di competenze naturali quali il parlare e il camminare, passo dopo passo, attraverso l’ascolto, il gioco, ed il movimento. Il gioco, aspetto chiave di questo processo, agisce non come semplice veicolo per introdurre concetti musicali accademici, bensì come essenza stessa dell’esperienza musicale. La prospettiva che adottiamo prevede che ogni attività musicale rivolta ai bambini sia intrinsecamente ludica.

Questo approccio rispecchia le teorie di Delalande, il quale ha sostenuto che “La musica è un gioco da bambini”, posizionando il gioco non solo come un mezzo, ma come l’equivalente della pratica musicale stessa. Tale visione si estende oltre l’educazione musicale dei più piccoli, asserendo che i grandi compositori ed esecutori affrontano la musica non come un onere gravoso, ma come il gioco più affascinante, attraverso cui vivono esplorazione, emozione, spiritualità e intelletto al massimo grado nel corso della loro vita.

Nel cuore pulsante di queste filosofie educative si trova la convinzione che attraverso la musica possiamo abbracciare qualcosa di ancor più maestoso: il legame invisibile che unisce ogni essere. Nella danza collettiva dei suoni e nell’armonia condivisa, i bambini tessono delicatamente il drappo del loro ecosistema sociale e affettivo. La musica si trasforma in un giardino sonoro dove la cooperazione fiorisce sopra la competizione individuale e dove il suono di una nota è più dolce quando creata in concerto con gli altri. Riconoscendo che l’essenza del musicare riecheggia con il naturale e istintivo piacere del giocare, i bambini si avvicinano all’un l’altro in un ballo di relazioni che svela la musica come uno dei giochi più enigmatici e meravigliosi della vita.

 

Vincenzo Maria Mineo

 

Leave a Comment